Sono poeti solitari, poeti che hanno sempre rifiutato di vedere ascritto il proprio nome a una determinata corrente letteraria. Sono poeti che hanno fatto della “parola” il loro personale vessillo.
A tal proposito Vincenzo Cardarelli scriveva così nei suoi Prologhi: “Guai a scordarsi delle proprie parole”. Ogni affermazione è un giuramento che facciamo, un impegno d’onore che ci accolliamo. Le parole non si dicono, si dànno”.
E lui di parole ce ne ha d(on)ate tante, insegnandoci che la vita può essere anche un continuo mare in burrasca ma, se riusciamo, grazie alla nostra individualità, a planare lievemente sulle sue acque, continuiamo a rimanere in volo come liberi gabbiani. Con rammarico notiamo che di questo eccelso poeta, grande amante di Nietzsche, Dante, Leopardi, Petrarca, se ne parla sempre meno. Eppure la sua voce ha molto da insegnare, soprattutto ai più giovani. Perché testimonia la tenacia di affrontare le avversità con coraggio, mostra come divenire “radici d’una vecchia pianta che non crolla per impeto di vento ma che solo il fulmine potrà schiantare”.
Dalla raccolta “Poesie”:
GABBIANI
Non so dove i gabbiani abbiano il nido,
ove trovino pace.
Io son come loro,
in perpetuo volo.
La vita la sfioro
com’essi l’acqua ad acciuffare il cibo.
E come forse anch’essi amo la quiete,
la gran quiete marina,
ma il mio destino è vivere
balenando in burrasca.
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