Arte e ambiente: forse gli ambientalisti non hanno poi cosi torto

Arte e ambiente si intrecciano ormai da tempo, la natura è sempre stata protagonista delle opere d’arte ed in particolar modo, con alcuni movimenti artistici ne diviene protagonista indiscussa.

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Guardiamo ad esempio alla Land Art, movimento nato tra il 1967 ed il 1968 in America, non è più la natura che si piega all’arte, ma l’esatto opposto, l’arte diviene strumento che si piega al volere dell’ambiente e dell’artista. In Italia, rispetto all’America, il movimento si è diffuso ma non ampiamente a causa di mancanza di spazi geografici ampi , cosa che negli Stati Uniti non manca di certo. Abbiamo anche noi però la nostra opera: Il Cretto di Ghibellina di Burri.
Sulla base di tale intreccio tra arte e natura, ma anche dell’arte vista come strumento sociale, questione ampiamente diffusasi con l’arte contemporanea, sorge un quesito importante: Ma è giusto imbrattare le opere d’arte nei musei per una questione ambientale ? O meglio, è giusto usare l’arte come mezzo comunicativo per un qualcosa del genere? Trovare una risposta univoca è difficile, soprattutto su un tema del genere, ma tuttavia ci si può ragionare.

Gli ambientalisti non sono i primi ad usare l’arte come mezzo di protesta e comunicazione al popolo. In passato movimenti simili esistevano gia e spesso erano proprio gli artisti, in particolare quelli della Transavanguardia, a far delle loro opere mezzi di protesta. Un opera non è solo un lascito testamentario, ma ricopre un ruolo di identità, ha uno scopo, un fine e la loro non è una scelta casuale. Se poi a ciò aggiungiamo anche il loro potere contemplativo, a giocar d’aiuto e lo shock tra la quiete dell’osservazione ed il gesto improvviso.
Fin quando non viene danneggiata un’opera permanentemente o accidentalmente, se ricoperta da strati protettivi, si può interpretare il gesto come un qualcosa di positivo. Quello che spesso uno spettatore dimentica è che l’arte non è stata creata solo per essere mero oggetto di arredo, ma come testimonianza politica, storica, estetica. Usare l’arte come mezzo per riportare un messaggio cosi importante non è da condannare, anzi, fanno un qualcosa, protestano per qualcosa che a noi ancora sfugge, il futuro del nostro pianeta. Non ha senso contemplare l’arte se poi non abbiamo un pianeta per esporla, e si ribadisce, fin quando l’opera è coperta non c’è nulla di male né nella salsa di pomodoro né nella vernice. Gli artisti hanno bisogno di far vivere le proprie opere e forse molti di loro sarebbero stati d’accordo con quello che oggi viene fatto. Diverso è invece il danno che può essere recato, come nel caso dell’altare della patria, danneggiare un’opera a danno economico dei cittadini non forse il giusto modo di attirare l’attenzione in maniera positiva, in questo caso si condanna ciò che viene fatto da un punto di vista materiale ma: è moralmente sbagliato?
Parlare di un argomento del genere è difficile proprio per tale motivo, tuttavia credo che si debba protrarre un orecchio verso coloro che forse tutti i torti, seppur con mezzi non proprio convenzionali, non hanno.

A cura della Dott.ssa Fiorella Verile

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