Ei fu. Siccome immobile, dato il mortal sospiro, stette la spoglia immemore orba di tanto spiro— 5 maggio 1821

Il cinque maggio è un'ode scritta da Alessandro Manzoni nel 1821 in occasione della morte di Napoleone Bonaparte esule a Sant'Elena (possedimenti della corona britannica nell'oceano Atlantico).

Dopo aver appreso l’inaspettata e tragica notizia, il poeta, colto da improvviso turbamento, si immerse in una profonda meditazione di carattere storico ed etico, conclusasi quando – sempre leggendo la Gazzetta di Milano – seppe della conversione di Napoleone, avvenuta prima del suo trapasso. Egli fu profondamente commosso dalla morte cristiana dell’imperatore e, preso quasi da un impeto napoleonico, compose di getto il primo abbozzo di quello che sarà Il cinque maggio, in soli tre giorni (la gestazione dell’opera, iniziata il 18 luglio, fu conclusa il 20),[3] con una rapidità decisamente estranea al suo temperamento riflessivo.
Manzoni affidò poi la redazione del primo getto alle pagine del ms. VS. X. 3 (custodito alla biblioteca Braidense). Malgrado vi siano sostanziali discrepanze tra la prima e l’ultima versione dell’ode, a latere della bozza, nella parte destra della pagina, il poeta inserì alcuni appunti che – seppur allo stato embrionale – presagiscono sensibilmente la redazione definitiva. Ne effettuiamo un confronto:
Dopo aver finalmente composto l’ode, Manzoni la presentò alla censura austriaca, che tuttavia non ne consentì la pubblicazione: come disse Angelo De Gubernatis, infatti, «l’Austria aveva tosto riconosciuto nel Cinque Maggio del Manzoni un omaggio troppo splendido al suo temuto nemico, che pareva come evocato dal suo sepolcro, in quelle strofe potenti». Il Manzoni, tuttavia, ebbe la prudenza di preparare non uno, bensì due esemplari: di questi, uno fu trattenuto dal censore, mentre l’altro fu fatto circolare in forma manoscritta, anche al di fuori del Regno Lombardo-Veneto.

Così Alberto Chiari:
«È risaputo che il censore Bellisomi in persona, con gesto di gran riguardo si recò dal Manzoni a restituirgli una delle due copie inviate per l’approvazione, pregandolo che ritirasse la sua richiesta, ma che nel frattempo la seconda copia rimasta in ufficio, era uscita ben presto di là, e copiata e ricopiata s’era diffusa tanto largamente che esemplari manoscritti ne pervennero al Soletti in Oderzo, al Vieusseux in Firenze, al Lamartine in Francia, al Goethe a Weimar per ricordare solo i casi più illustri»
Come appena accennato, infatti, Il cinque maggio ebbe vastissima eco; tra gli ammiratori principali vi fu lo scrittore tedesco Johann Wolfgang von Goethe, che tradusse l’ode nel 1822 per poi pubblicarla nel 1823 sulla rivista «Ueber Kunst und Alterthum», IV/1, pp. 182-188: Der fünfte May. Ode von Alexander Manzoni.
Manzoni, con la stesura de Il cinque maggio, non intendeva né glorificare la figura di Napoleone, né muovere a pietà il lettore per il suo trapasso, bensì illustrare il ruolo salvifico della Grazia divina, offrendo al contempo uno spaccato esistenziale della vita di Napoleone.

 

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