“IL RUMORE DEL SILENZIO” prende vita: La rubrica di poesia curata da Antonella Flauto
L’idea di questa rubrica nasce dal profondo amore e interesse nei confronti della poesia, oltre che dal decisivo stimolo di aprire uno spazio ad essa dedicato sul nostro giornale on-line datomi dall’amicizia con Antonella Flauto.
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Ho pensato di intitolare la rubrica “Il rumore del silenzio” – fa sapere Antonella – perchè la poesia è lampo, tuono, fragore. Essa piomba sul nostro silenzio ridestandoci, risvegliandoci. Ci scuote dal nostro torpore e ci trasforma in indagatori, esploratori, conoscitori, di noi stessi.
La poetessa Alda Merini affermava che la cultura è il grano migliore. Grazie ad una passione trasmessami da mio nonno – racconta emozionata – ho avuto modo di scoprire come i libri ci plasmino, fino a trasformarci nella persona che siamo destinati ad essere. La poesia, in particolar modo, rappresenta il nostro dialogo con l’anima, quella parte di noi che teniamo celata perché racchiude la nostra essenza, il nostro mistero. È un rifugio dalla quotidianità, dalle paure, dalle ansie. Un faro capace di illuminare il nostro cammino su un percorso non sempre facile. Un percorso chiamato Vita.
Così, nella speranza di offrire una valida opportunità – annuncia la curatrice Flauto – a chi vorrebbe far conoscere le proprie poesie, le proprie emozioni, dichiaro ufficialmente aperta questa rubrica. Chiunque voglia inviarmi proposte per vedere pubblicati i propri versi, può scrivere a: info@newsesocial.it
Inauguriamo questa rubrica con: FARE POESIA DOPO AUSCHWITZ di Primo Levi 👇
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Inauguriamo questa rubrica con: FARE POESIA DOPO AUSCHWITZ di Primo Levi
LE STELLE NERE
Nessuno canti più d’amore o di guerra.
L’ordine donde il cosmo traeva nome è sciolto;
Le legioni celesti sono un groviglio di mostri,
L’universo ci assedia cieco, violento e strano.
Il sereno è cosparso d’orribili soli morti,
Sedimenti densissimi d’atomi stritolati.
Da loro non emana che disperata gravezza,
Non energia, non messaggi, non particelle, non luce;
La luce stessa ricade, rotta dal proprio peso,
E tutti noi seme umano viviamo e moriamo per nulla,
E i cieli si convolgono perpetuamente invano.
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(30 novembre 1974)
Noto sicuramente più come scrittore che come poeta, Primo Levi dichiarò che anche lui ad intervalli regolari, “ad ora incerta”, cedette alla spinta di affidare alla “parola” un’emozione, un’idea, un’immagine immediata. Una “parola” che divenisse testimonianza, un duro monito, ma che fosse anche portatrice di speranza. Perché se in “Le stelle nere” possiamo facilmente riconoscerlo come il famoso cantore della Shoah, non possiamo non soffermarci sul verso di apertura della poesia, isolato quasi di proposito dalla strofa successiva: “Nessuno canti più d’amore o di guerra”. Queste parole sono infatti un’aperta critica al pensiero del famoso filosofo tedesco Adorno, che nel 1949, alla luce degli esiti nefasti della seconda guerra mondiale, disse che fare poesia dopo Auschwitz era un atto di barbarie, dato che la civilizzazione e la cultura non erano serviti ad evitare simili orrori. Paul Celan, un poeta molto apprezzato da Levi che visse come lui in prima persona gli orrori dell’Olocausto, rispose per primo ad Adorno dicendo che mai come ora occorreva invece una poesia nuova, una poesia che restituisse dignità a tutti coloro che avessero vissuto e sopportato sulla propria pelle tale follia. Assistiamo così alla nascita di una poesia investita dell’arduo compito di salvaguardare e preservare la razza umana da scempiaggini future. Nonostante Levi, con tutta l’umiltà che lo ha sempre contraddistinto, dirà che di poesia se ne intendesse poco e che non conoscesse alla perfezione le sue regole, perfino il lettore più distratto non potrà fare a meno di notare la perfetta cura che riponeva nella scelta di ogni singola parola, gli splendidi rimandi ai testi sacri ebraici, i suggestivi riferimenti ad autori a lui più cari. La raccolta pubblicata nel 1984 “Ad ora incerta” racchiude poesie scritte a partire dal 1943, anno in cui Levi venne arrestato in Valle d’Aosta dai nazifascisti mentre era schierato nelle formazioni partigiane. Di ritorno da Auschwitz lascerà il suo mestiere di chimico per dedicarsi interamente alla letteratura e, anche se i suoi versi lacerano l’anima e gridano rabbia e vendetta, è impossibile non scorgervi un messaggio d’amore e di speranza, una speranza mantenuta viva dal suo amore per Lucia, la moglie a cui Levi dedicherà la raccolta.
Perché, nonostante ci possano essere sopra il nostro capo tantissime stelle nere, più su, più in alto, dove l’occhio umano quasi non arriva, ce n’è sempre una che brilla per noi incessantemente, pronta ad indicarci, al momento opportuno, la strada di casa.
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11 FEBBRAIO 1946
Cercavo te nelle stelle
Quando le interrogavo bambino.
Ho chiesto te alle montagne,
Ma non mi diedero che poche volte
Solitudine e breve pace.
Perché mancavi, nelle lunghe sere
Meditai la bestemmia insensata
Che il mondo era uno sbaglio di Dio,
Io uno sbaglio nel mondo.
E quando, davanti alla morte,
Ho gridato di no da ogni fibra,
Che non avevo ancora finito,
Che troppo ancora dovevo fare,
Era perché mi stavi davanti,
Tu con me accanto, come oggi avviene,
Un uomo una donna sotto il sole.
Sono tornato perché c’eri tu.
(11 febbraio 1946)
Poesie tratte da: Primo Levi – Ad ora incerta – Garzanti Edizioni (€15,00)
A CURA DI ANTONELLA FLAUTO
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