La Corte costituzionale, con la sentenza n. 10 del 2024, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 18 della legge sull’ordinamento penitenziario

Alcuni saranno d’accordo su questa decisione della Corte Costituzionale, altri la ritengono sbagliata, mentre lasciamo i dibattiti ai salotti televisivi, da oggi l’art 18 dell’ord. Penitenziario è stato dichiarato incostituzionale e questo è l’unica vera notizia di rilievo.

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La Corte costituzionale, con la sentenza n. 10 del 2024, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 18 della legge sull’ordinamento penitenziario, nella parte in cui non prevede che la persona detenuta possa essere ammessa a svolgere i colloqui con il coniuge, la parte dell’unione civile o la persona con lei stabilmente convivente, senza il controllo a vista del personale di custodia, quando, tenuto conto del suo comportamento in carcere, non ostino ragioni di sicurezza o esigenze di mantenimento dell’ordine e della disciplina, né, riguardo all’imputato, ragioni giudiziarie.

La Corte ha pertanto riscontrato la violazione degli artt. 3 e 27, terzo comma, Cost. per la irragionevole compressione della dignità della persona causata dalla norma in scrutinio e per l’ostacolo che ne deriva alla finalità rieducativa della pena.

Rammentato che una larga maggioranza degli ordinamenti europei riconosce ormai ai detenuti spazi di espressione dell’affettività intramuraria, inclusa la sessualità, la Corte ha ritenuto altresì violato l’art. 117, primo comma, Cost., in relazione all’art. 8 CEDU, per il difetto di proporzionalità di un divieto radicale di manifestazione dell’affettività “entro le mura”. ( red.giurisprudenza penale).

Tale decisione mi trova totalmente d’accordo, sia sotto il profilo sociologico che sotto il profilo criminologico; infatti il legislatore dovrebbe cominciare a modificare un ord. Penitenziario datato e in alcune parti totalmente obsoleto, perché non si rifà nemmeno alle ultime evidenze scientifiche sul ruolo dell’affettività nella rieducazione del condannato, elemento essenziale per il recupero di detenuti che vivono in condizioni di restrizioni.

Già da molto tempo i paesi del nord Europa riconoscono questo diritto spingendosi oltre; infatti alcune carceri danno l’opportunità ai detenuti di potersi incontrare con la propria moglie/compagna in solitaria in luoghi sicuri e controllati esternamente d’agenti della polizia penitenziaria.

Il carcere in Italia troppo spesso viene ricordato solamente per il suo ruolo afflittivo e non per la sua funzione rieducativa, principio basilare del nostro ordinamento ma che faticosamente ha la sua totale applicazione all’interno delle carceri. Troppo spesso anche con la complicità dei media si svolgono processi mediatici in cui lo scopo principale è quello di condannare il presunto colpevole e chiedere il massimo della pena ( Con questo non voglio dire che chi ha commesso un crimine debba avere un trattamento di favore dato che di mezzo ci sono famiglie distrutte dal dolore, ma solamente di usare i giusti contrappesi fra pena e rieducazione fra giusto processo e presunzione d’innocenza).

I detenuti devono giustamente scontare la loro pena, le famiglie delle vittime devono giustamente ottenere giustizia, i media devono giustamente devono fare cronaca e creare dibattiti ma allo stesso tempo anche il carcere deve accogliere i detenuti in quella che per anni e spesso per sempre sarà la loro nuova casa, ma lo devono fare rispettando i diritti dei detenuti in toto come i detenuti devono rispettare i loro doveri.

A cura del criminologo Michelangelo Morreale

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