La lotta degli allevatori di bufale – A cura di Pasquale Iorio “Le Piazze del Sapere”
Nella mattinata di domenica 22 gennaio, ho avuto modo di poter seguire buona parte della conferenza organizzata a Cancello Arnone dalla Associazione Allevatori, con interventi di esponenti del mondo politico e delle istituzioni (sindaci, consiglieri regionali e parlamentari).
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E’ stata una occasione per richiamare gli obiettivi della lotta, che va avanti da molti mesi, e delle proposte di merito per la salvezza e la valorizzazione del patrimonio di eccellenza del nostro sistema di allevamento e di produzioni casearie (a partire dalla mozzarella DOP).
Ancora una volta sono state ribadite alcune proposte delle vertenza in atto: in primo luogo è stata chiesta con forza l’attivazione di un tavolo di confronto di livello nazionale tra Ministero della Salute e Regione Campania sul tema della brucellosi. In secondo luogo si rivendica l’attuazione del regolamento europeo con analisi comparate. In terzo luogo bisogna superare il divario di informazioni, con dati contrastanti tra i vari organi, spesso alterati. A tal fine il coordinamento chiede da tempo due interventi: la modifica del piano regionale di settore ed il commissariamento della task force.
Non a caso gli allevatori parlano di “strage autorizzata”: calcolano che siano oltre 40 mila le bufale abbattute negli ultimi dieci anni in quanto ritenute infette da brucellosi o da tubercolosi. Ma dalle analisi effettuate post mortem (finalmente rese pubbliche dall’ASL dopo l’intervento della magistratura) soltanto l’1,3% degli animali – spiegano dal movimento Altragricoltura – è risultato effettivamente positivo al test diagnostico per la malattia. Alla luce di questi dati risulta che migliaia di bufale condannate alla macellazione sarebbero state sane e non infette, mentre la loro carne è stata dichiarata idonea per il consumo, entrando nel mercato gestito da un unico macello di proprietà della azienda italiana Cremonini leader del settore in Europa. E qui sta un grande paradosso: nel fatto che i capi abbattuti e ritenuti infetti sono stati poi utilizzati per la macellazione e grande distribuzione del settore.