Lo spirito del Natale
Questi giorni risvegliano l'incanto dei ricordi legati alla mia infanzia, mi riportano a tanti anni fa, quando vivevo il periodo natalizio avvolto in un clima di festa e magia.
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La magia era nell’aria, nelle persone, nelle parole, nello sguardo della gente, era in tutto, anche nei dolci. Si sentivano profumi di dolci dappertutto, quelli di mia nonna li superava tutti. I suoi dolci erano buonissimi e portavano allegria, eravamo tutti contenti quando li mangiavamo assieme.
Nonna faceva i roccocò, le zeppole e gli struffoli per tutta la famiglia e mi chiedeva, sapendo il mio essere molto goloso, di darle una mano nella preparazione.
Tutto emozionato, era un continuo assaggiare, specialmente quando friggeva le zeppole, di media ne mangiavo una ogni tre, nonna rideva e mi diceva: “Sono buone vero? Menomale che ne ho fatte di piu”.
Erano anche i giorni in cui, con i miei fratelli, preparavamo un piccolo presepe in un angolo della cucina, con il das, una pasta morbida, creavamo i pastori, i Re magi, San Giuseppe, la Madonna, Gesù bambino, le pecorelle, il bue, l’asinello e altri personaggi. Mio padre portava il muschio e delle foglie, mentre mamma comprava della carta azzurra con le stelle. Ogni anno era diverso e più bello. A mezzanotte del 24, mamma metteva il bambino Gesù nella culla e la mattina della befana avvicinava i Re Magi alla capanna, da che ricordo, era un rito che si ripeteva ogni anno, almeno fino a quando siamo cresciuti.
Nei giorni dell’antivigilia e della vigilia, come ogni anno, tutti i miei sette zii andavano dai loro genitori cioè dai miei nonni e stabilivano dove dovevano trascorrere le festività. Nonno era un po’ restio a spostarsi, gli piaceva riunire tutta la famiglia a casa sua, ma nonna gli diceva: “Non è possibile, dove ci mettiamo ne siamo 40”. E allora lui a malincuore accettava, ma precisava: “Ci spostiamo solo nei giorni di festa: Natale, Santo Stefano e Capodanno, per gli altri giorni restiamo a casa”. I miei zii allora si mettevano d’accordo su come organizzarsi per i vari pranzi nei giorni in cui restavano da soli.
Quando papà rientrava da questa famosa riunione familiare, subito gli chiedevo la data in cui i nonni sarebbero stati a casa nostra ed dio, contentissimo, non vedevo l’ora, perchè il tutto aveva un qualcosa di magico.
La vigilia di Natale era attesa, non per la cena, che ai miei tempi non era cosi abbondante e particolare come oggi, ma per la nottata in cui si restava svegli. Mi riunivo con altri ragazzini, e ricordo che ogni anno era in una casa diversa. Si giocava, si rideva e ci si divertiva con poco, alcuni giocavano al gioco dell’oca e a Monopoli, chi a Risiko ed altri con le carte napoletane e si rientrava verso le due di notte.
Che strano…quelle notti duravano molto di più, sembravano non finissero mai.
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La mattina di Natale andavo prima ad ascoltare la Santa Messa con mamma e papà, e poi dai nonni a fare gli auguri. A Natale, come a Pasqua, ci andavo volentieri, sapevo che i nonni davano un regalino a tutti i nipoti e a me questo un po’ dispiaceva, non li volevo, sapevo che i nonni non erano ricchi, vivevano di pensione, e spesso li sentivo dire che non bastava.
Ma i nonni erano molto felici e soddisfatti quando ci davano il regalino e dicevano: “Sono pochi ma ve li diamo con il cuore”. E’ vero, avvertivo che in quelle poche monetine c’era il loro affetto e tanti valori. Quelle parole per me valevano più dei soldi, addirittura qualche volta prendendoli piangevo.
Prima di iniziare il pranzo natalizio, io e i miei fratelli, mettevamo le letterine sotto il piatto di papà, lui, sorpreso, ce le faceva leggere e recitavamo la bellissima poesia imparata con tanta devozione, e poi d’usanza iniziavamo il pranzo. Il piatto che rappresentava la tradizione era la buonissima minestra maritata, che mamma preparava in piu giorni. Dopo pranzo restavamo vicino al tavolo con la stufa accesa, veniva sempre qualcuno, spesso qualche zio con la sua famiglia, cosi tutto il pomeriggio fino a sera, mentre i grandi parlavano e mangiavano noccioline noi piccoli giocavamo e assaggiavamo i dolci fatti da mamma e da nonna.
Il giorno di Santo Stefano, era riservato alle visite agli altri parenti, in famiglia andavamo al paese di mia madre a fare gli auguri ai suoi fratelli. Ci si riuniva sempre a casa di una delle zie, perché era enorme e poi perché contornata di tanti bei ricordi dei nonni che non cerano più. La famiglia di mia madre non era grande, al completo eravamo 21 persone, ma quando stavamo insieme facevamo baccano per 100.
Nei giorni successivi con i miei fratelli restavamo a casa, ne approfittavamo per fare i compiti e mamma allo stesso tavolo della cucina ne approfittava per selezionare i fagioli secchi che avevano lavorato sull’aia in estate. Spesso ci coinvolgeva e promettendo di raccontarci una favola, si faceva aiutare. Raccontava la nascita e la vita di Gesù e alcune favole, tra queste una bellissima, che aveva come protagonista una principessa povera ma ricca d’animo, principi, draghi e maghi.
A sera, con il tempo che aveva recuperato, preparava qualche dolcino, oppure faceva il decotto di camomilla: lattuga, mele, camomilla e miele. Buonissimo! A me piaceva tanto, con il freddo ne bevevo almeno due tazze.
Durante il periodo natalizio, quasi tutti i giorni, andavo qualche oretta a fare compagnia ai nonni ed era piacevolissimo parlare con loro, soprattutto con nonna vicino al braciere, che si accompagnava con altre vecchiette, sue vicine di casa. Parlavano dei loro tempi, della guerra, quando erano signorine, e dei loro spasimanti. Ero attento, le ascoltavo volentieri, erano come favole, le preferivo ai giochi.
Prima di andare via, nonna mi dava sempre qualcosa, una mela, un biscotto, una caramella. Tutti i figli le portavano tanta roba e lei con un grande cuore lo donava.
Il giorno prima della fine dell’anno, mio padre andava a comprare il capitone e le anguille che mia madre preparava per la cena di San Silvestro e Capodanno. Rifaceva le zeppole e gli struffoli che piacevano a tutti. La sera del 31, dopo cena, andavo a trascorrere la nottata con gli stessi ragazzini della vigilia di Natale e allo scoccare della mezzanotte, ci affacciavamo alla finestra a vedere le persone che gettavano di tutto in strada: bicchieri, piatti, bottiglie e altro, tanto che la mattina di Capodanno ad ascoltare la Santa Messa si poteva andava solo a piedi.
La televisione la guardavamo poco o niente, a me piaceva tanto Carosello. La sera della befana si andava a letto presto, mamma diceva che la vecchietta non sarebbe passata se fossimo rimasti svegli.
Quando si rientrava a scuola, il primo giorno lo si passava a raccontare come avessimo trascorso le vacanze di Natale.
In quegli anni, nella vita della gente, c’era un senso ed un significato dei simboli quali, la famiglia, la fede, il rispetto e le festività natalizie, che erano molto sentite.
Forse era quello il vero spirito natalizio.
By Vins Tramontano
LO SPIRITO DEL NATALE
La magia del natale è nell’aria,
è nelle azioni, nelle intenzioni,
nello sguardo della gente,
nel cuore di chi la sente.
È la mano tesa
verso i bisognosi,
è prendersi cura degli ultimi,
il rispetto dei vecchi,
è il silenzio dei cannoni
e nelle decisioni dei capi
le parole di pace.
È nei gesti d’amore,
l’abbraccio dei figli,
le carezza dei genitori,
è il calore della famiglia
il tesoro più grande.
È nella stella
che brilla ad oriente,
che infonde speranza,
è nella luce
fioca di una capanna,
è la forza indifesa
del bambino Gesù.
Testo e poesia sono soggetti a copyright
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