Lo strappacuore di Boris Vian recensione di Ettore Sannino
Lo strappacuore di Boris Vian recensione di Ettore Sannino
Lo strappacuore di Boris Vian è un racconto caleidoscopico in cui, mentre si procede nella lettura, forme e colori diversi, di volta in volta, si materializzano davanti agli occhi.
Clicca sull'immagine e visita la pagina facebook prepara con noi il tuo concorso in sede e online
E’ un romanzo fantastico, ma allo stesso tempo verisimile, lo potrei definire una sorta di paradosso della realtà.
I luoghi sono descritti con un’esattezza da impressionista, in quanto non appartenenti ad alcun mondo reale nella forma delle cose che lo compongono ma veri all’apparenza, o forse ispirati a più paesaggi visti da Vian; sembra di muoversi in un Van Gogh.
I mesi si susseguono, si accavallano, si sovrappongono e così anche i loro nomi.
Il tempo infatti all’inizio viene scandito normalmente, ogni capitolo ha una datazione reale, 3 marzo, 8 maggio, 2 settembre, poi si arriva a giuglio, ottembre, febbrugno e la realtà si decompone, perde contatto col nostro tempo reale e crea un tempo nuovo, surreale, in cui chi legge deve per forza entrare, pena non fare più parte della storia., esserne fuori.
I personaggi, umani, reali, con i loro pregi ed i loro difetti, i loro vizi e le loro virtù, ma surreali nell’esasperazione dei ruoli, delle professioni, delle passioni, dell’etica, della morale.
Clicca sull'immagine e visita la pagina facebook TANTE LE NOVITA'
Clementina, Angelo, Culobianco, Giacomorto, il parroco, il maniscalco, La Gloria, i bambini, sono veri in parte, fino al punto in cui smettono di essere veri.
Ma quando smettono di essere veri, non diventano fantastici, non vestono abiti da supereroi o si trasformano cambiando colore e forma. Semplicemente divengono surreali, ma perfettamente a loro agio nella surrealtà che li circonda.
È un romanzo divertente, strappa spesso un sorriso, a volte anche una risata, ma improvvisamente diventa iperrealistico, feroce, un vero cazzotto nello stomaco, indigesto, solo all’apparenza immotivatamente cattivo.
Il mercato dei vecchi, il castigo del cavallo, sono atroci, anch’essi surreali, ma reali, perché reale è l’intolleranza della società verso i vecchi e reale e la cattiveria degli uomini verso gli animali, specie quando non sono disposti a piegarsi al nostro volere, alle nostre regole.
Vogliamo umanizzare gli animali ma allo stesso tempo restano le bestie: regole cui sottostare, ma relegati al loro ruolo di animali.
Atteggiamenti entrambi sbagliati, verrebbe da pensare, ma non in questa surrealtà.