LUCIDA REALTA’- Racconto a cura di Gerardina Rainone – prima parte
LUCIDA REALTA’
Parte prima
Una strana giornata quella che si profilava all'orizzonte di prima mattina quel giorno.
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Nel mettere il piede nella ciabatta ho sentito l’umido di qualcosa. Accidenti al gatto. Chopin aveva pensato bene di vomitare proprio lì. Ma in fondo non era del tutto colpa sua, inutile il rimprovero. Era uno di quei gatti randagi salvati dalla strada Chopin, ma non dimostrava affatto la sua gratitudine così. Nulla di grave comunque, un bel caffè nero bollente mi avrebbe fatto dimenticare l’accaduto. Passando dalla camera da letto alla cucina, dopo aver pulito e cambiato ciabatte, mi fermo a metà del corridoio della mia casa. Non mi ero accorta di nulla nell’immediato, ma il mio cervello aveva registrato subito la stranezza. Dal soffitto pendeva una parte di lampadario. Eppure l’operaio l’aveva montato da una settimana sotto l’attenta visione di mia madre. Mio fratello, con il quale dividevo l’appartamento era all’università. Torno indietro e con una sedia cerco di rimettere a posto inutilmente l’aggancio sfilato. ”Ho bisogno della scala. Tutto a me tocca fare in questa casa,” penso, mentre mi chiedo perché succede sempre quando manca il fratellone. Tutto sommato me la sono cavata e il lampadario é a posto. Passando davanti allo specchio mi chiedo se è tutto regolare, mi scruto, mi osservo, non vedo nessuna anomalia. Eppure il mio sesto senso si mette in vibrazione lenta e remota, ma pur sempre presente. Ho preparato il meritato caffè e ho addentato un biscotto, ma qualcosa mi diceva che avevo bisogno di nutrirmi di più. Mi spalmai burro e marmellata sulla fetta biscottata e un po’ tranquillizzata mi vestii di fretta per raggiungere la mia amica. L’appuntamento era di lì a poco al bar in piazza. Infilai gli stivali ma a momenti cascavo perché il tacco cedendo all’improvviso mi fece piegare di lato. Non indagai più di tanto, avendo fretta, e cambiato scarpe mi truccai alla meno peggio; una linea di matita sotto e l’eyiliner sopra le ciglia come sempre ma feci i conti senza l’oste.
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