Un viaggio gastronomico nella cucina napoletana dal ‘700 fino ai giorni nostri – Jakin racconta

Un viaggio gastronomico nella Napoli del '700 fino ad arrivare ai giorni nostri. Nel '700 l'influsso della cucina francese divenne sempre più predominante anche a Napoli quando arrivarono abili cuochi dalla corte d'oltralpe , portando una vera e propria rivoluzione e incrociando le tecniche gastronomiche parigine e le materie prime del territorio.

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La bontà nasce dalle cose genuine

La cucina francese del ‘700 rivendicava orgogliosamente la sua specificità, iniziata già nel ‘600 alla corte del Re Sole e venne esportata con successo in tutta Europa. Nel ‘700 l’influsso della cucina francese divenne sempre più predominante anche a Napoli quando arrivarono abili cuochi dalla corte d’oltralpe , portando una vera e propria rivoluzione e incrociando le tecniche gastronomiche parigine e le materie prime del territorio, puntando agli accostamenti ed all’arricchimento progressivo dei piatti, una costruzione ricca di sapori, sempre barocca e mai essenziale. Quando la corte francese dovette lasciare Napoli ,molti di quei cuochi restarono nella solare città campana perché richiesti dalle famiglie aristocratiche e venivano chiamati “munzù” o “monzù” dalla deformazione del francese “monsieur” ovvero “signore”. Nell’epoca dei souffles, delle mousses e degli choux, assunsero nomi francesi anche molti piatti napoletani come il ragù ( da ragout , preparazione di carne cotta a fuoco lento in una salsa) il gattò (da gateau che è sia un dolce che un pasticcio salato) , i crocchè d patate( da croquettes, una pietanza di patate a forma cilindrica passata nell uovo, impanata e fritta in padella ) questi ultimi , per i napoletani erano , sono e restano e “panzarott”.

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Uno dei più grandi cuochi che si distinsero trail ‘700 e l’800 fu Vincenzo Corrado, uomo di grande cultura, fu il primo cuoco che mise per iscritto la “cucina mediterranea”. Famoso sia per i suoi elegantissimi banchetti preparati alla corte di Don Michele Imperiali Principe di Francavilla che per aver scritto nel 1773 “il cuoco Galante”, all’epoca definito libro di alta cucina che, non si opponeva al lessico gastronomico francese a quei tempi dominante, ma nel complesso si manteneva fedele alla pratica tradizionale della cucina italiana, ed in particolare a quella napoletana. Al Corrado si deve la preparazione di timballi e di preparazioni elaborate di carne e cacciagione, da ricercare e leggere la ricetta tartufi di grasso, la ricetta tartufi di magro, quella di torta di acciughe e la ricetta pasticcio di spigola, famosi i suoi sorbetti di svariati gusti fino alla preparazione del caffè che a differenza dell’attuale espresso , veniva bollito in apposite caffettiere. Oltre al gusto, anche la preparazione estetica cominciò ad acquistare la sua importanza in cucina ed il Corrado dedicò molto spazio alle decorazioni ed al modo di imbandire le tavole dei banchetti. Il tempo dedicato allo stare a tavola, poi, fu traccia di un aristocrazia ricca e gaudente che amava intrattenere ospiti e realizzare alleanze tra un bicchiere di buon vino ed un piatto succulento.

Jakin

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