Una pratica inumana: sperimentazione animale

Al centro di uno dei più accesi dibattiti odierni c'è il fenomeno della sperimentazione animale.
Ogni anno 12 milioni di animali si ritrovano in laboratori per beneficiare la specie umana, ma ne vale davvero la pena?

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Questa è una tematica che va avanti ormai da tempo, sin da decenni si sono sottoposti animali a test di qualsiasi tipo di campo biomedico, al fine di produrre nuovi medicinali, prendere nota di eventuali effetti collaterali ed osservare l’evoluzione di determinate malattie su corpi animali, per comprendere meglio la funzione dell’anatomia umana.
Ma perché allora solo ultimamente se ne sta parlando così tanto?
La goccia che ha fatto traboccare il vaso è stata la pubblicazione di un cortometraggio agghiacciante, “Save Ralph” nel quale si va a denunciare la sperimentazione animale a livello cosmetico.

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Il pubblico si è come sempre diviso in due: coloro che ribadiscono l’importanza della sperimentazione animale per lo sviluppo dell’essere umano e gli animalisti, che sostengono ci siano delle alternative a questa pratica e la condannano (come giusto che sia).
Bisogna precisare che ci sono stati dei casi in cui dei farmaci pur avendo passato a pieni voti i test sugli animali, hanno causato potenti effetti collaterali dopo l’effettiva somministrazione umana.
Ma quali sono queste alternative anticipate sopra? Si tratta di procedure che andrebbero a sostituire o addirittura ad eliminare la presenza dell’animale nei laboratori, secondo “la regola delle tre R” (replacement, reduction, refinement), appoggiate anche da coloro che non danno molto peso alla questione.
Replacement poiché si punta al fine di sostituire la vivisezione con metodologie altrettanto efficaci, Reduction dato dal volere di ridurre le sperimentazioni e Refinement allo scopo di trovare modi meno sofferenti per l’animale.
Si auspica di riuscire ad attuare quanto prima questa regola per porre fine, o almeno un limite al dolore animale, poiché anche loro come noi, sono esseri viventi e meritano di essere trattati tali.

Emanuela Nacar

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